#TalkingWith Mattia Baldelli Passeri, il fotografo e il poeta
Ogni fotografo, ogni artista ha il suo percorso: quello di Mattia Baldelli Passeri parte da Gubbio (classe 1988) e arriva nei territori più immaginifici della fotografia e della poesia.
Un racconto che inizia con gli esordi, all’età di sedici anni, dove il gusto estetico era già evidente, passando per shooting internazionali che fanno il giro del mondo, come quello in cui riesce a far sorridere la fashion designer inglese Dame Vivienne Westwood fino ad arrivare su Forbes America.
Nel 2012 è fotografo di scena del film italo-olandese “Koning Van Katoren” diretto dal regista nominato all’Oscar, Ben Sombogaart, ora su Netflix America. Il fotografo umbro ha anche firmato fotografie di campagne pubblicitarie per molti brand e aziende tra le quali Clipper Italia.
Qual è stato il tuo primo approccio alla fotografia?
Il primo approccio alla fotografia di cui ho memoria, risale al 1999 quando avevo 11 anni. Ero già appassionato di computer e utilizzavo le classiche webcam con il filo per fare foto a me stesso, nella mia cameretta. Poi tra il 2000 e il 2001 la webcam è passata da filo a senza filo e iniziai a fare foto a tutti i miei amici e parenti. Da lì ho iniziato e non ho mai smesso. Mia madre mi ricorda inoltre che già a cinque anni utilizzavo la sua macchina fotografica e finivo sempre per sovrascrivere il rullino con altre foto, per lei quelle foto sviluppate e sovrapposte con i soggetti più disparati, erano opere d’arte.
Quali fotografi ti hanno ispirato?
I fotografi che mi hanno ispirato sono stati Helmut Newton, Andy Warhol e David LaChapelle. Mi sono sempre sentito molto vicino ai loro stili creativi ma anche essenziali.
Le atmosfere delle tue foto richiamano il fascino di altri tempi, quali sono le tue principali ispirazioni?
Ti ringrazio per questo complimento. La mia ispirazione cambia a seconda del soggetto che ritraggo, provo in tutti i modi a far emergere la parte migliore di ognuno di noi. Il colore delle foto ed i chiaroscuri li scelgo sempre alla fine, quando sono in fase di post -produzione.
Il tuo occhio è capace di catturare immaginari intimi e introspettivi, com’è nato il tuo gusto estetico?
Il mio gusto estetico è innato ma si è formato grazie alle influenze di cari amici artisti che nel tempo mi hanno dato consigli personali e soggettivi riguardo i miei lavori fotografici. Voglio citare due persone che mi hanno accompagnato nel mio percorso creativo ed estetico fino ad ora e sono Madeleine Fischer che era fotografa ritrattista oltre che fotografa di scena dei film di Michelangelo Antonioni e il caro amico il Maestro Luigi Ontani che adora le fotografie e che mi ha insegnato moltissimo sia sul colore delle immagini che sull’inquadratura.
Che cos’è la bellezza per te?
La bellezza per me è l’idea che una persona ha di se stessa. Il bello e il brutto sono solo concetti astratti e per questo motivo non li valuto molto, per me ha valore l’emozione che una persona può dimostrarti e che può trasmetterti.
Cosa pensi sul format dei social network?
Il famoso social, la “piatta -forma” effettivamente è una forma piatta di vivere la propria vita. Impossibile mettere anche solo lontanamente a confronto una stretta di mano con un “like”. Vedendolo con un occhio meno clinico, il social serve ad azzerare le distanze e a creare connessioni tramite lo stesso inter -“net”, la rete. C’è da dire però che fa molto piacere ricevere un commento o un “mi piace”, le persone si fanno sentire vicine pur essendo distanti.
Come ti relazioni con le tue fotografie? Sei critico?
Bella domanda, è la prima volta che rispondo a una domanda del genere. Come mi relaziono, vediamo, si sono molto critico ma provo anche ad essere un pochino leggero con me stesso in modo tale da non fermare l’onda del momento. Essere troppo autocritici può anche significare non essere produttivi e io questo “lusso”, perché è un lusso, non me lo sono mai preso. Quando guardo le mie foto dopo anni, le critico in tutto e mi dico: «Mattia, potevi fare molto meglio», poi penso che nel momento in cui stavo creando quella determinata immagine, io stavo dando il mio meglio, perciò non ho sensi di colpa.
Vivienne Westwood, Ben Sombogaart… Quando hai realizzato che c’era una svolta nella tua vita?
La famosa “svolta” per me è un’illusione che abbiamo creato noi esseri umani. Non credo esista un punto di svolta, anche perché la vita dimostra tangibilmente che ogni traguardo costituisce un altro traguardo, e così via, senza fine. Diciamo che, aver iniziato fin da adolescente a frequentare Super Star anche a livello globale mi ha messo in guardia su tantissime cose. Da loro ho appreso che le emozioni vere esistono e vanno coltivate ogni giorno, che sia l’amore per la propria piantina sul terrazzo, per l’amico a quattro zampe o per il proprio partner ma che sia sempre e solo amore per esseri che hanno vita e mai per gli oggetti.
La fotografia e la poesia sono stati un percorso di ricerca interiore per te? Ti ha aiutato a conoscere meglio te stesso e chi ti sta affianco?
La fotografia è poesia e viceversa. La vera poesia riesce a proiettare immagini nella tua mente, come se le parole prendessero forma diventando fotografie. La fotografia lo stesso, se prendi una foto di un elemento naturale come la luna, quella è poesia, perché inizi a pensare all’amore, al freddo, alla luce a un ricordo e tutti questi stati d’animo sono la poesia stessa. La fotografia e la poesia mi hanno dato modo di conoscere meglio sia me stesso che nuove persone. Chi mi sta accanto lo conosco e riconosco ogni giorno, questa ricerca di me stesso e la conoscenza approfondita delle persone che vivono vicine a me, sono un apprendimento continuo e costante.
In un mondo pieno di copie è difficile definire l’autenticità, quale pensi che sia il tuo contributo in ambito fotografico che caratterizza le tue fotografie?
Il mio contributo personale è quello di scattare fotografie subito prima, durante e subito dopo un evento capitato naturalmente o indotto da me. Per esempio, le foto di scena per un film prevedono che tu stia in totale silenzio e che tu copra la tua macchina fotografica con una custodia apposita per non far entrare nel microfono di scena, il rumoroso “click”. Cosa faccio io? Scatto alcune foto in silenzio durante le riprese e poi alla fine di una scena che mi ha particolarmente colpito, fermo gli attori per qualche secondo e faccio loro ripetere una piccola parte della scena che mi ha trasmesso più emozioni ed ecco che nasce una foto nella quale gli attori hanno messo un’energia speciale. Quella mia foto viene scelta, guarda caso, per tutto, dalla locandina del film, alla copertina di un libro, alla foto di punta per presentare il film su Netflix e sui Festival del Cinema di tutto il mondo.
Oggi Mattia fa tappa a Milano ed oltre ad essere fotografo, è amico e rappresentante di Mathias Poeta della Sera, vincitore del premio letterario Camaiore e segnalato al premio internazionale Mario Luzi. Insieme a lui ha creato il JukeVOX, un podcast poetico al quale molte persone e molti artisti stanno partecipando, come: Nathaly Caldonazzo e sua sorella Patrizia, Gianluca Mech, Marcella Granito, Antonella Bundu e Francesca Della Valle.
Nel team di Mattia Baldelli Passeri ci sono Tristan Song, Elisabetta Moscatelli e Alessandro Pannacci e insieme a loro crea nuove idee ogni giorno che poi trasforma in realtà.
Giovane, entusiasta, innamorato della propria attività, Mattia Baldelli Passeri ci ha aperto il suo mondo, puro manifesto di passione e apertura mentale fuori dall’ordinario.
Credits: © Courtesy of Mattia Baldelli Passeri
@mattiabaldellipasseri @mathias_pds