Il lusso tra evoluzione e declino: dalla crisi di desiderabilità alla necessità di ridefinire valori, esperienze e strategie.
In un’intervista esclusiva, Annamaria Tartaglia – CEO di TheBrandSitter, Founder di Angels4Women, W7 (G7) Advisor e direttrice scientifica dell’area Luxury&Fashion Management per 24 Ore Business School (BS24) – decodifica le sfide globali del settore e indica la rotta per un futuro all’altezza della sua eredità.
Data la crescente polarizzazione tra consumi di altissima gamma e lusso aspirazionale evidenziata nell’ultimo report dell’Osservatorio Altagamma¹, quali strategie ritiene siano più efficaci per colmare il gap generazionale e riconquistare il segmento dei giovani consumatori, in particolare della Generazione Z, che sembrano allontanarsi dai brand di lusso?
La polarizzazione tra i consumi di altissima gamma, che mostrano di non soffrire e il lusso aspirazionale, in significativa sofferenza, rappresenta una sfida cruciale per il settore. Come sottolineato dall’Osservatorio Altagamma 2024¹, la perdita di 50 milioni di consumatori negli ultimi due anni, tra cui molti giovani e la diminuzione della propensione della Generazione Z verso i marchi tradizionali è un fenomeno da prendere in considerazione. Affrontare questa sfida richiede una combinazione di strategie orientate al riposizionamento e alla riconnessione con un segmento caratterizzato da valori, abitudini e aspettative profondamente distinti rispetto alle generazioni precedenti.
In primo luogo i marchi devono investire significativamente nella costruzione di una narrativa autentica, che rifletta i valori dominanti della Generazione Z, quali sostenibilità, inclusività e trasparenza. Questi elementi devono permeare l’intera catena del valore, dalla produzione fino alla comunicazione. Non si tratta semplicemente di implementare strategie di greenwashing o iniziative superficiali, ma di integrare profondamente questi principi nel DNA del brand, assicurando che ogni punto di contatto con il consumatore rifletta una reale coerenza valoriale.
In parallelo, è necessario rispondere alla crescente preferenza della Generazione Z per il lusso esperienziale, un segmento che sta registrando una crescita del +5%. Questo richiede un ripensamento del business model, con un’enfasi sulle esperienze trasformative che possano coinvolgere emotivamente e culturalmente il consumatore. Dall’utilizzo delle nuove tecnologie, come la realtà aumentata e il metaverso, per creare ambienti digitali immersivi, fino alla progettazione di eventi esclusivi e personalizzati, i brand possono ridefinire il concetto di lusso come un’esperienza multisensoriale e unica.
Un altro aspetto chiave è rappresentato dall’accessibilità strategica. Pur preservando la percezione di esclusività, i marchi possono esplorare modalità di ingresso più inclusive per i giovani consumatori, come il mercato second-hand o capsule collection mirate. Questo approccio consente di costruire relazioni di lungo termine con i nuovi clienti senza compromettere la brand equity.
La tecnologia gioca un ruolo imprescindibile. L’IA e l’analisi avanzata dei dati possono essere utilizzate per personalizzare l’offerta e rafforzare il coinvolgimento del cliente, ma devono essere utilizzate in modo da preservare l’autenticità del rapporto umano che storicamente caratterizza il settore del lusso. Infine, le collaborazioni con creator e brand rilevanti per la Generazione Z possono fungere da ponte culturale, sempre che queste partnership siano progettate con attenzione per evitare il rischio di essere percepite come operazioni meramente commerciali.
Il riposizionamento verso la Generazione Z richiede pertanto un approccio olistico e strategico, capace di combinare innovazione, valore culturale e autenticità. Questa trasformazione rappresenta un’opportunità fondamentale per ridefinire il dialogo con il consumatore e garantire la rilevanza del lusso nel futuro.
Il fenomeno del “Luxury Shame” sta spingendo i consumatori verso acquisti meno ostentati e il mercato del second-hand in crescita. Quali azioni dovrebbero intraprendere i brand per riformulare il concetto di lusso e soddisfare questa nuova sensibilità, senza sacrificare esclusività e desiderabilità?
Il fenomeno del “Luxury Shame” riflette un cambiamento strutturale nel comportamento dei consumatori sempre più orientati verso scelte meno ostentate e più consapevoli. Questo contesto impone ai brand del lusso una profonda riflessione strategica per riformulare il concetto stesso di lusso, bilanciando esclusività e desiderabilità con una sensibilità etica e culturale che risuoni con i valori emergenti.
Per affrontare questa sfida, i brand devono anzitutto ridefinire la loro narrativa attorno al concetto di lusso, spostando l’accento dall’opulenza visibile a un’idea di “discreet sophistication”. Questo approccio valorizza elementi intrinseci come l’artigianalità, la qualità senza compromessi, l’innovazione e la sostenibilità, trasformando il lusso in una dichiarazione di valori piuttosto che di status. Una comunicazione coerente e autentica è fondamentale per rafforzare questa percezione, soprattutto in un’epoca in cui i consumatori premiano la trasparenza e penalizzano il “purpose-washing”.
Il mercato del second-hand, che sta registrando una crescita significativa, rappresenta non solo una risposta alle esigenze di consumo responsabile ma anche un’opportunità strategica per i brand di rientrare in contatto con il consumatore moderno. Creare piattaforme proprietarie per il resell di prodotti vintage o di seconde mani consente di mantenere il controllo sulla narrativa del brand e sulla qualità percepita, preservando l’esclusività. Un’iniziativa di questo tipo non solo stimola il mercato circolare, ma rafforza anche il valore percepito degli articoli, che diventano veri e propri investimenti.
Parallelamente, il design dei nuovi prodotti deve tenere conto di questa sensibilità emergente, adottando un’estetica più timeless e orientata alla funzionalità. Questo approccio, spesso definito “quiet luxury”, sottolinea l’importanza di creare capi e accessori che incarnino un valore intrinseco e non temporaneo, soddisfacendo il desiderio di prodotti che siano durevoli sia nella qualità che nel significato culturale.
Dal punto di vista operativo, l’integrazione della sostenibilità nella catena del valore è cruciale per mantenere la rilevanza del brand. I consumatori, in particolare quelli delle nuove generazioni, si aspettano un impegno concreto che vada oltre le dichiarazioni superficiali. L’adozione di pratiche come il sourcing etico, l’uso di materiali innovativi e a basso impatto ambientale e la tracciabilità dell’intero ciclo di vita del prodotto rafforza la fiducia nel marchio, elevandone l’autorevolezza.
Il concetto di lusso deve evolvere per includere esperienze personalizzate e relazioni dirette con i clienti. L’utilizzo di tecnologie avanzate come l’IA e i big data può supportare una personalizzazione senza precedenti, permettendo ai brand di offrire un valore distintivo attraverso esperienze tailor-made che risuonino con i desideri e le aspirazioni individuali, senza però perdere l’essenza umana e artigianale che definisce il lusso autentico.
Riformulare il concetto di lusso nell’era del “Luxury Shame” richiede una combinazione di autenticità, innovazione e capacità di adattamento. I brand che sapranno cogliere questa sfida non solo rafforzeranno il loro posizionamento, ma contribuiranno a ridefinire l’intero settore, rendendolo più in sintonia con le sensibilità culturali e ambientali del nostro tempo.
Con il lusso esperienziale in crescita del 5% e la normalizzazione dei beni di lusso personali a €363 miliardi (-2% rispetto al 2023), quali sono secondo lei i cambiamenti strutturali necessari per i brand al fine di equilibrare un’offerta che risponda sia al desiderio di esperienze sia al consumo tradizionale?
La crescita del lusso esperienziale accanto alla normalizzazione del mercato dei beni di lusso personali segnala un cambiamento significativo nelle priorità e nelle aspettative dei consumatori. Questo scenario richiede ai brand un ripensamento strutturale per bilanciare un’offerta capace di soddisfare il desiderio di esperienze uniche e il consumo tradizionale di prodotti tangibili.
Un primo cambiamento necessario riguarda l’integrazione delle esperienze nel prodotto stesso, creando un continuum tra ciò che si possiede e ciò che si vive. Ad esempio, il concetto di “product as a gateway to experiences” potrebbe trasformare un bene di lusso in un passaporto per esperienze esclusive, come accessi riservati, eventi immersivi o servizi personalizzati. Questo approccio rafforza la relazione emotiva tra il consumatore e il brand, generando valore aggiunto oltre il possesso materiale. Dal punto di vista operativo, i brand devono adottare un modello più fluido e ibrido, con un’offerta che coniughi prodotti fisici ed esperienze intangibili. Ciò implica una maggiore attenzione alla modularità e scalabilità delle linee di prodotto, dove beni di lusso tradizionali sono integrati con servizi correlati. Ad esempio, una borsa o un gioiello potrebbe essere accompagnato da un’esperienza tailor-made, come un workshop esclusivo con un artigiano o un viaggio curato nei luoghi di ispirazione del design.
La tecnologia gioca un ruolo fondamentale in questa transizione. Strumenti di data analytics e machine learning possono essere utilizzati per analizzare le preferenze dei clienti e proporre esperienze personalizzate in linea con il loro stile di vita. Inoltre le piattaforme digitali immersive possono rappresentare una nuova frontiera per il lusso esperienziale, offrendo ambienti virtuali esclusivi e interattivi che espandono le possibilità di connessione e coinvolgimento.
Dal punto di vista culturale, è essenziale che i brand sviluppino una narrativa coerente che colleghi i prodotti fisici alle esperienze offerte, enfatizzando valori come artigianalità, sostenibilità e unicità. Questo storytelling deve essere autentico e mirato, adattandosi alle diverse sensibilità geografiche e generazionali.
Un aspetto chiave è la riconfigurazione dei canali di distribuzione, con un focus sul retail fisico e digitale come piattaforme esperienziali. I flagship store, ad esempio, devono evolvere in spazi multifunzionali che combinano vendita, educazione, intrattenimento e personalizzazione, mentre il canale e-commerce deve offrire un’interazione che vada oltre la transazione, includendo contenuti esclusivi, esperienze di realtà aumentata e servizi premium.
L’equilibrio tra esperienze e beni tradizionali richiede un approccio integrato e trasformativo. I brand che riusciranno a creare un ecosistema in cui prodotti e servizi si potenziano reciprocamente saranno meglio posizionati per affrontare le sfide future e consolidare il loro ruolo nel panorama evolutivo del lusso.
Il report Altagamma prevede una ripresa moderata del settore per il 2025, con una crescita dei ricavi del 3% nei personal luxury goods e una marginalità attesa di pari entità. Come ritiene che le imprese del Made in Italy possano ottimizzare i propri fattori critici di successo — come artigianalità, creatività e innovazione tecnologica — per capitalizzare su questa ripresa?
La previsione di una ripresa moderata del settore del lusso per il 2025, evidenziata dal report Altagamma con una crescita stimata del 3% nei personal luxury goods e un’EBITDA in linea, rappresenta un’opportunità cruciale per le imprese del Made in Italy di consolidare la loro leadership globale. Per capitalizzare su questa ripresa, sarà fondamentale adottare un approccio integrato che valorizzi i fattori critici di successo del lusso italiano: artigianalità, creatività e innovazione tecnologica.
In primo luogo, l’artigianalità, elemento distintivo del Made in Italy, deve essere reinterpretata in chiave contemporanea, mantenendo le radici nella tradizione ma rendendola rilevante per le nuove generazioni di consumatori. Investire nella formazione di nuove maestranze e nell’integrazione di tecniche tradizionali con tecnologie innovative come il digital craftsmanship sarà essenziale per preservare l’autenticità e al contempo migliorare la capacità produttiva e la qualità percepita. L’introduzione di processi come il 3D printing per prototipi avanzati o l’applicazione di materiali sostenibili e hi-tech può elevare ulteriormente il valore percepito dei prodotti.
La creatività, altro pilastro del Made in Italy, deve trovare nuove forme di espressione che vadano oltre il design tradizionale. Collaborazioni strategiche con artisti, designer e innovatori provenienti da settori differenti – dall’architettura alla tecnologia – possono generare collezioni che siano sia culturalmente rilevanti sia emozionalmente coinvolgenti. Questi partnership, se ben orchestrati, contribuiscono a rafforzare il posizionamento del brand come trendsetter globale, aumentando il suo appeal presso un pubblico diversificato.
L’innovazione tecnologica, inoltre, rappresenta una leva determinante per ottimizzare la customer experience e aumentare l’efficienza operativa. L’utilizzo di strumenti avanzati di data analytics consente ai brand di comprendere e anticipare i bisogni dei consumatori, offrendo un livello di personalizzazione senza precedenti. L’IA può essere utilizzata per sviluppare servizi tailor-made, come consulenze virtuali, esperienze immersive nel metaverso o configurazioni di prodotto customizzate, che rafforzano la fedeltà e l’engagement del cliente. Parallelamente, la sostenibilità deve essere integrata come valore fondante dell’offerta Made in Italy. Questo significa adottare un approccio “cradle-to-cradle” che garantisca un impatto minimo sull’ambiente, rafforzando al contempo la percezione di qualità e impegno etico del brand. La tracciabilità digitale, tramite tecnologie blockchain, potrebbe essere un ulteriore strumento per comunicare in modo trasparente il valore intrinseco dei prodotti, dalla provenienza dei materiali alla loro produzione. Sarà essenziale lavorare in modo coeso a livello settoriale e istituzionale. L’adozione di strategie di co-branding tra imprese del Made in Italy e il rafforzamento della presenza nei mercati strategici come Stati Uniti e Asia, tramite alleanze locali e strategie di penetrazione mirata, sono fondamentali per ampliare la base di consumatori e mitigare le incertezze geopolitiche.
In conclusione, l’ottimizzazione dei fattori distintivi del Made in Italy richiede una sintesi tra tradizione e innovazione, autenticità e tecnologia, locale e globale. Solo così le imprese potranno non solo capitalizzare sulla potenziale ripresa del 2025 (più probabile dal 2026), ma anche ridefinire il futuro del lusso in un mercato sempre più complesso e competitivo.
L’Osservatorio sottolinea il ruolo crescente della tecnologia, in particolare dell’IA, nel migliorare la personalizzazione e l’operatività aziendale. Quali applicazioni tecnologiche ritiene siano più promettenti per il lusso e come pensa possano essere integrate senza erodere l’autenticità dell’esperienza cliente?
L’evoluzione tecnologica, in particolare l’adozione dell’IA, rappresenta una leva strategica fondamentale per il settore del lusso. Tuttavia, il successo di questa trasformazione dipenderà dalla capacità dei brand di integrare tali innovazioni senza alterare l’essenza distintiva del lusso, che si fonda su autenticità, esclusività e artigianalità. La sfida non è soltanto tecnica, ma culturale: la tecnologia deve essere percepita non come un elemento di discontinuità, bensì come uno strumento per amplificare il valore e la rilevanza del brand in un contesto in rapido mutamento.
L’IA offre un potenziale straordinario nel campo della personalizzazione avanzata. Attraverso l’analisi di big data, i brand possono sviluppare un livello di conoscenza del cliente senza precedenti, anticipando non solo i bisogni espressi, ma anche quelli latenti. Algoritmi di machine learning consentono di proporre prodotti, esperienze o servizi in modo altamente mirato, migliorando il customer journey in ogni punto di contatto. Tuttavia, è fondamentale che questa personalizzazione sia progettata per essere discreta e rispettosa, evitando il rischio di sovraesposizione tecnologica che potrebbe generare una sensazione di intrusività. Un esempio di successo potrebbe essere la creazione di esperienze tailor-made, dove la tecnologia supporta, ma non sostituisce, il rapporto personale con il cliente, elemento distintivo del lusso.
Le tecnologie immersive, come la realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR), offrono inoltre opportunità per estendere l’esperienza del lusso oltre i confini tradizionali. Questi strumenti possono trasformare il modo in cui i clienti interagiscono con i prodotti, offrendo showroom virtuali, fitting room digitali o tour esperienziali esclusivi. Tali applicazioni permettono ai brand di mantenere il loro carattere distintivo anche in un ecosistema digitale, rendendo l’interazione con il cliente più inclusiva ma allo stesso tempo unica. L’importante, in questo contesto, è mantenere un equilibrio tra l’innovazione tecnologica e la componente esperienziale, assicurando che l’uso di queste tecnologie rafforzi il senso di meraviglia e desiderabilità che caratterizza il lusso.
Un altro ambito cruciale è la predictive analytics, che può migliorare significativamente la gestione operativa, ottimizzando la supply chain, prevedendo la domanda e riducendo gli sprechi. Questo approccio non solo incrementa l’efficienza, ma contribuisce anche a rispondere alle crescenti aspettative dei consumatori in termini di sostenibilità. L’integrazione di questi strumenti non deve però essere percepita come un mero processo industriale, bensì come un elemento che arricchisce l’esperienza complessiva, contribuendo a rendere i brand più responsabili e consapevoli. Anche nell’ambito del customer service, l’IA può essere un asset cruciale. Chatbot avanzati, basati su modelli di deep learning, possono gestire interazioni semplici, lasciando ai consulenti umani il compito di occuparsi di situazioni più complesse o emozionali. Questa sinergia consente ai brand di garantire un servizio eccellente su larga scala senza compromettere l’attenzione individuale che il lusso richiede. Tuttavia, il rischio di standardizzazione deve essere evitato: l’IA deve sempre agire come supporto, mai come sostituto della componente umana.
La vera sfida per i brand del lusso è quella di integrare queste tecnologie senza comprometterne l’identità e i valori fondamentali. La tecnologia deve agire come un “invisible enabler”, capace di migliorare la qualità del servizio, esaltare l’esperienza del cliente e rafforzare il posizionamento del brand senza mai oscurare gli elementi centrali dell’artigianalità, della tradizione e della creatività. Per riuscirci, sarà indispensabile adottare un approccio etico, soprattutto nella gestione dei dati personali. La fiducia del cliente è un pilastro essenziale del lusso, e ogni violazione, anche percepita, di questa fiducia potrebbe avere effetti devastanti sulla reputazione del brand.
L’adozione dell’IA e delle tecnologie avanzate nel lusso deve essere guidata da una visione strategica chiara: valorizzare, non sostituire, l’essenza stessa di ciò che rende il lusso unico. Solo così sarà possibile innovare senza tradire il senso di autenticità e desiderabilità che definisce l’esperienza del lusso.
Con l’aumento della polarizzazione nei consumi e la perdita di fiducia tra le fasce aspirazionali, quali leve di marketing e comunicazione ritiene più efficaci per preservare la fedeltà dei consumatori e attrarre nuovi clienti, specialmente in mercati strategici come Cina e Stati Uniti?
La crescente divergenza tra consumatori di alta gamma e segmenti aspirazionali, unita a una riduzione della fiducia in questi ultimi, richiede un approccio strategico sofisticato per rimanere rilevanti nei mercati globali più dinamici, come Cina e Stati Uniti. In questo contesto, il marketing e la comunicazione devono evolversi per rispondere simultaneamente alle esigenze di personalizzazione, autenticità e connessione culturale.
Una leva fondamentale è il purpose-driven branding, ovvero l’ancoraggio del marchio a valori forti e riconoscibili che risuonino con le sensibilità locali e globali. I consumatori, in particolare nelle fasce aspirazionali, sono attratti da brand che non solo rappresentano un’aspirazione di status, ma incarnano anche una visione del mondo. In Cina, ad esempio, i marchi che integrano elementi culturali locali con una narrativa globale – attraverso collaborazioni artistiche, design ispirato alla tradizione e storytelling autentico – riescono a costruire un legame emotivo più profondo. Negli Stati Uniti, dove l’individualismo e la sostenibilità dominano le aspettative, il messaggio deve enfatizzare l’impatto positivo del brand sulla società e sull’ambiente.
Il concetto di omnichannel engagement è altrettanto cruciale. La capacità di creare esperienze seamless tra canali fisici e digitali è ormai un requisito imprescindibile. In particolare, in Cina, il ruolo delle piattaforme digitali come WeChat, Xiaohongshu e TikTok è centrale per connettersi con consumatori sempre più esperti e digitalmente integrati. Negli Stati Uniti, l’uso di piattaforme social avanzate e l’integrazione con l’intelligenza artificiale per offrire esperienze personalizzate sono strumenti potenti per mantenere la fedeltà dei consumatori e attrarne di nuovi.
Un’altra leva strategica è il data-driven marketing, che consente ai brand di utilizzare l’analisi avanzata per comprendere i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e anticipare le tendenze. Attraverso l’uso di big data e AI, i marchi possono segmentare in modo efficace i loro target, sviluppando messaggi che siano iper-personalizzati e culturalmente rilevanti. La comunicazione deve quindi essere calibrata in modo scientifico, offrendo ai consumatori ciò che desiderano prima ancora che lo richiedano.
L’experiential marketing offre inoltre un’opportunità unica per differenziarsi. Esperienze su misura che integrano la tradizione del brand con elementi innovativi possono trasformare i clienti in ambasciatori del marchio. In Cina, eventi esclusivi che combinano lusso e tecnologia sono altamente attrattivi, mentre negli Stati Uniti il focus dovrebbe essere sull’inclusività delle esperienze e sulla creazione di community attorno al brand.
Infine, la consistency nella brand identity è fondamentale per preservare la fedeltà. La capacità di mantenere una narrativa chiara e coerente, che si adatti ai diversi contesti culturali senza diluire il core del marchio, è essenziale. Questo richiede un equilibrio delicato tra localizzazione e globalizzazione, con un’attenzione particolare alla gestione della percezione del brand in mercati culturalmente complessi come Cina e Stati Uniti.
In definitiva, il futuro del marketing e della comunicazione nel lusso dipende dalla capacità dei brand di adattarsi rapidamente, mantenendo al contempo i propri valori distintivi. Il mix vincente combina autenticità, personalizzazione e innovazione tecnologica, con un occhio sempre rivolto al contesto culturale e alle dinamiche specifiche dei mercati strategici.
BIO
Annamaria Tartaglia – CEO TheBrandSitter, Founder Angels4Women, W7 (G7) Advisor. Laureata in Marketing e Comunicazione, EMBA in Leadership (IMD Losanna), EMBA in Arte e Gestione dei Beni Culturali ha lavorato in agenzie internazionali di pubblicità (TBWA, B Communications GGK, Attila&Co) come Strategic Planner e ha poi proseguito la sua carriera nel mondo della moda, del lifestyle e del lusso. Tra le sue esperienze manageriali aziende quali Trussardi e Ferragamo in qualità di Global Marketing e Communications Director, Superga e Value Retail come Chief Marketing, Brand & Communications Officer. Attualmente è CEO di TheBrandSitter, be spoke factory dedicata allo sviluppo strategico di marchi alto di gamma nei mercati internazionali e fondatrice di Angels4Women, il primo gruppo di business angels donne nato per sostenere e sviluppare start up al femminile. E’ impegnata nello scouting, mentoring e formazione di giovani talenti che supporta nei loro percorsi imprenditoriali con innovatività, visione e capacità di coaching. Nel 2019 è stata nominata da Startup Italia come una delle 100 donne che stanno cambiando l’Italia (#unstoppablewomen), finalista nel 2020 del Premio Business Angel dell’anno, Chair of Women’s Entrepreneurship e Finance di W20 (G20) e Co Chair di W7 (G7), i gruppi di interesse della società civile che hanno lo scopo di elaborare proposte di policy su gender parity, imprenditorialità ed empowerment per i leader dei paesi membri del G20 e del G7.
Ha pubblicato il libro “Il Lusso… Magia&Marketing. Presente e futuro del superfluo indispensabile” (Ed. Franco Angeli – 5 edizioni dal 2005 ad oggi), è direttrice scientifica dell’area Luxury&Fashion Management per 24 Ore Business School (BS24) e visiting professor presso le Università e le scuole più qualificate in Italia e all’estero (Boston, Doha, Mosca, Ginevra, Dubai, Seoul).
¹ 23esima edizione dell’Osservatorio Altagamma, 2024.
Exclusive Interview: © Courtesy of Annamaria Tartaglia