Non si ferma l’ascesa internazionale di Alina Ditot. Fresca vincitrice della Biennale di Salerno, l’artista ha ricevuto la proposta di entrare in collezione permanente da una prestigiosa Fondazione che ancora non è stata resa nota.
In una intervista rilasciata ad un art magazine internazionale, l’artista ha dichiarato che l’arte contemporanea è un campo di battaglia nel quale gli eserciti della figurazione combattono la loro eterna battaglia contro i cavalieri dell’arte informale.
“Voglio portare gli osservatori nel mondo contemporaneo; un mondo dominato da guerre, distruzioni, migranti e terroristi. Le mie tele sono lo specchio della società in cui viviamo, i fiorellini li lascio dipingere a chi crede ancora nell’utopia di un mondo perfetto. Noi siamo i figli di un mondo ormai lacerato come il velo di Maya”. Una battaglia che non avrà mai fine.
Vere e proprie bombe atomiche, quelle che Alina Ditot lancia sulla tela; bombe che come conseguenza, generano profondi strappi. La purezza del segno non esiste. La tela è violata, ferita, straordinariamente violentata dal genio Ditottiano. Molti per questo la considerano l’erede unica di Lucio Fontana, altri le attribuiscono la potenza pittorica di Alberto Burri o di Jackson Pollock.
L’uomo contemporaneo sta vivendo il suo inferno. L’arte sta vivendo una nuova rinascita che ha in Alina Ditot la sua sacerdotessa eretica. Siete alla ricerca del bello assoluto o della perfezione divina? Allora dimenticate Alina Ditot. Lei ha intrapreso altre strade. Strade che la stanno portando nell’olimpo di un’arte contemporanea che ha già in Damien Hirst, Jeff Koons, Gerard Richter, Marina Abramovic, Yayoi Kusama, le sue nuove divinità sulla terra.
I collezionisti di tutto il mondo sono ormai alla ricerca di un taglio di Fontana, di una bruciatura di Burri, di una tela estroflessa di Castellani o Bonalumi e ora di uno strappo su tela di Alina Ditot.
Introvabili ormai le croci di Ditot, serie che l’artista dedica ai migranti morti in mare. L’artista per sua volontà dipinge poco e trovare un’opera di Ditot, sembra essere diventata una sfida quasi impossibile.
L’arte che bombarda la tela e combatte contro le ingiustizie e il malessere contemporaneo. È questa l’arte che Alina Ditot porta sul palcoscenico.
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