In occasione della prima collezione creata da Maria Grazia Chiuri per Dior, la Maison apre in tutto il mondo una serie di pop-up store. Focus sull’indirizzo parigino.
Maria Grazia Chiuri per Dior. A pochi passi dal numero 30 di Avenue Montaigne, lo storico indirizzo della Maison, è sorto il pop-up store parigino dedicato alla collezione Prêt-à-porter Primavera-Estate 2017, che precede l’apertura di altre boutique immaginate come un’immersione nell’universo della Direttrice Artistica, che rivisita l’eredità di Dior in chiave contemporanea.
I completi ispirati al mondo della scherma, gli abiti ricamati in tulle, i tailleur Bar rivisitati, le T-shirt con la scritta “We should all be feminists” a mo’ di manifesto e gli accessori iconici immaginati da Maria Grazia Chiuri per le donne sono presentati in un’ambientazione grafica ed essenziale.
Per questa nuova era della storia della Maison, i codici Dior sono ripensati in chiave moderna: il bianco e le nuance di grigio, mutuati dal decoro dell’indirizzo emblematico al numero 30 di Avenue Montaigne, sono associati a complementi di arredo in stile contemporaneo e all’aspetto grezzo del legno, del metallo o del cemento.
In esclusiva per questo pop-up store parigino, l’artista femminista Tracey Emin ha concepito un’opera luminosa in cui le tre parole “Should love last”, composte dal neon giallo che riprende la sua scrittura, interpellano il visitatore.
Spaziando dalla pittura al disegno, dall’installazione video alla fotografia, dal ricamo alla scultura, il suo lavoro profondamente poetico si basa sulle emozioni del suo vissuto e affronta senza tabù la condizione femminile.
A proposito di Should Love Last e del carattere misterioso di questa frase che può apparire incompleta, l’artista spiega: «i miei neon migliori intendono dare degli spunti di riflessione alla gente. “Should love last” «l’amore dovrebbe durare»: a prima vista suona come una negazione. Ma per me in realtà è un messaggio molto positivo, perché la mia risposta sarebbe “sì, dovrebbe durare. Sempre”. Perciò non c’è bisogno del punto interrogativo alla fine».