La storia della haute couture è legata alla storia dell’arte moderna. Il couturier è il creatore e l’atelier indica sia lo studio dell’artista, che quello del couturier. Ma il vero studio dell’artista è la sua mente. In questa dimensione di ricerca e di esplorazione in bilico tra sogno e realtà, tra fantasticheria e progetto, si è mossa Maria Grazia Chiuri.
Perché la couture è il sogno della moda, un luogo in cui è permesso muoversi liberamente per sperimentare forme, tecniche e materiali. Immersa nel movimento surrealista, questa collezione prende forme immaginifiche in un continuo spaesamento e ribaltamento della visione.
Il surrealismo è un’arte fatta anche di parole, di testi evocativi che hanno guidato Chiuri nella definizione di una collezione soprattutto black and white caratterizzata da illusioni e spiazzamenti. Mai fidarsi dunque del primo sguardo. Così, le grandi pieghe dell’abito da sera bianco profilate di nero si rivelano pagine; la stampa fuori scala in bianco e nero rivela la sagoma di quei manichini che l’arte e la moda hanno in comune; la gabbia che appare in tante opere surrealiste è trasfigurata in un reticolo di tessuto tubolare nero che costringe corpi e sottolinea trasparenze, mentre una rete da pesca di fili d’argento si accompagna al fitto velluto.
Ma è la carismatica personalità di Leonor Fini a definire l’attitudine austera e assoluta della collezione. Quella Leonor Fini che, arrivata a Parigi dall’Italia organizzò la sua prima mostra proprio nella galleria di Christian Dior e ne diventò amica, indossando spesso, nelle sue fantasmagoriche apparizioni, i suoi abiti. Lei che ha personificato la rivoluzionaria idea dell’essere sempre indipendente e di reinventarsi ogni volta da sola, incarnando infinite realtà possibili. Fini usa gli abiti per definirsi e rappresentarsi, per imporsi agli sguardi sia in pubblico, che in privato: austera, autorevole e regale, posa come nei ritratti maschili rinascimentali in una continua interazione tra vita e opera d’arte che fonde naturale e artificiale, in quella dimensione sospesa tra sogno e realtà in cui fluttuano le meraviglie dell’haute couture.
Quella stessa couture da giorno a cui Monsieur Dior ha saputo dare una interpretazione nuova nelle forme anche grazie all’uso di tessuti maschili. Partendo da qui, Chiuri trae ispirazione per proporre una serie di tailleur che sono una declinazione moderna delle forme Dior e che fioriscono in gonne dai molteplici scarti visivi. E nella migliore tradizione surrealista della parte per il tutto, del feticismo del corpo a pezzi, sono gli accessori a diventare presenze inquiete e fantastiche: la calza a rete che vela il sandalo, i guanti che stringono la caviglia.
In quel guardare e farsi guardare, in quello sguardo spalancato sull’inconscio e sul mondo, Maria Grazia Chiuri articola ricami, meraviglie e decorazioni preziose e delicate, che sull’emblematico abito attraversato da una fantasmagoria flamboyant di piume di pavone, diventano mille occhi che scrutano ed esprimono l’interiorità misteriosa e potentissima delle donne moderne.
“Solo l’inevitabile teatralità della vita mi interessa”. Leonor Fini.
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