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Dresscode Sostenibilità: uno studio delle aziende tessili italiane presentato da ALTIS Advisory

Il Made in Italy e le sfide cui le aziende italiane del tessile devono rispondere in ambito ESG sono stati i temi centrali del webinar promosso da ALTIS ADVISORY Srl SB il 18 giugno.

Con la presentazione della ricerca “Dresscode Sostenibilità: i driver del cambiamento per il tessile italiano”, cui è seguita una tavola rotonda, moderata da Jacopo Bassi (Senior Manager dello spin-off), è stata offerta una panoramica degli orientamenti alla sostenibilità più diffusi all’interno di un settore che, per dimensioni economiche, è il terzo settore manifatturiero in Italia, con circa 45.000 aziende e con 393,7 migliaia di addetti.

Secondo le stime realizzate dal Centro Studi di Confindustria Moda, il fatturato complessivo nel 2023 del settore tessile & abbigliamento è di poco inferiore ai 65 miliardi, segnando una crescita del 3% rispetto al 2022. Una crescita, quella economica, che non è sempre accompagnata da una concreta e solida visione strategica in ambito sostenibilità.

L’analisi, curata da Valentina Bramanti, Responsabile Strategia e Reporting di Sostenibilità ALTIS Advisory, ha preso in considerazione un campione di 511 aziende che operano nel segmento B2B e che hanno un fatturato di almeno 2 milioni di euro. Dallo studio è emersa una macro tendenza di adattamento agli obblighi normativi di riferimento da parte delle aziende e l’adozione di un approccio più operativo, che strategico.

Le realtà che integrano strategicamente la sostenibilità all’interno delle attività di business per avere un vantaggio competitivo rappresentano il 7% del campione.

Se si approfondiscono le modalità di condivisione con gli stakeholder delle informazioni ESG e gli strumenti utilizzati, il 51% le pubblica sul sito internet, mentre solamente l’8% delle aziende redige un bilancio di sostenibilità.

Emerge un dato positivo, ovvero la presenza diffusa di numerose certificazioni di prodotto con il 96% delle aziende del campione che ne possiede almeno una: OCS e GOTS sono le due più diffuse. Le certificazioni rappresentano per il settore il tentativo autentico di procedere verso la sostenibilità e si sono sviluppate per colmare un vuoto normativo; tuttavia, con la Strategia per il Tessile Circolare e Sostenibile dell’UE anche il ruolo di questi strumenti dovrà necessariamente essere ripensato, per abbracciare un approccio più integrato alla sostenibilità.

L’analisi delle tematiche di sostenibilità rilevanti per il settore ha messo in luce un particolare interesse per i temi legati alle risorse umane, quali condizioni di lavoro, le attività di formazione e sviluppo delle competenze e il rispetto di valori etici, di inclusione e integrità. Dati confermati dalla scelta delle aziende di sposare in particolare l’SDG 8 “Incentivare una crescita economica duratura”.

Non meno importante per le aziende del campione il “pilastro” ambientale, con un focus su economia circolare e controllo della filiera.

La propensione delle imprese ad adottare un modello di business circolare – spiega Mauro Chezzi, Responsabile Coordinamento Consorzio Retex.Green – è abbastanza diffusa, ma la durabilità si connota per essere una delle sfide più complesse della filiera, perché comporta un tradeoff tecnologico tra durabilità e contenuto di fibre riciclate, o durabilità e riciclabilità. Anche il necessario sviluppo del riciclo dei rifiuti pre e post consumo richiederà nuove tecnologie e nuovi regimi normativi, su cui la filiera ha già da tempo iniziato a lavorare”.

Guardando invece al comparto nella sua interezza, il tema della tracciabilità della filiera è sicuramente tra i più attenzionati, anche per le recenti normative di settore legate alle condizioni di lavoro e agli impatti ambientali delle attività di creazione dei prodotti tessili. Le numerose variabili del settore, richiedono anche una maggiore consapevolezza culturale, come conferma Pierluigi Biondi – Amministratore Unico di Lariotex – il quale sostiene che “inizialmente partita dalle certificazioni, di processo e di prodotto, la sostenibilità ci ha ormai condotto a una cultura dell’accountability e della disclosure, al punto che oggi scegliamo i nostri fornitori guardando non solo al prezzo ma anche considerando attentamente le garanzie offerte sulla gestione dei rischi ESG e alla fornitura dei dati inerenti ai loro impatti ambientali (emissioni della logistica, ad esempio)”.

Fondamentale, inoltre, per un concreto sviluppo del settore anche la collaborazione tra gli attori del comparto, come sottolinea l’AD di Gruppo Clerici Tessuto, Stefano Bernasconi, che, riportando un’esperienza diretta, riconosce come “siano proprio le imprese B2B a giocare un ruolo cruciale nella costruzione di ponti, promuovendo collaborazioni e progetti che coinvolgano tutti gli attori della filiera e che siano commisurati alle capacità e risorse a disposizione di ognuno”.

Un settore estremamente complesso e con dinamiche non sempre di facile gestione dunque, quello della moda e del tessile Made in Italy.

La fotografia che la nostra indagine – conclude Stella Gubelli, AD di ALTIS Advisory Srl SB – restituisce è l’immagine di un settore ancorato alle certificazioni di prodotto, con una limitata propensione alla comunicazione e rendicontazione ESG e caratterizzato da un approccio “cauto” alla sostenibilità. Un settore che potrà trovare nell’impostazione di un approccio integrato alla sostenibilità (superando la logica “a silos” tipica delle certificazioni) e nell’attivazione di collaborazioni di business (all’interno dei distretti, tra i player nella filiera, con gli enti del territorio) le leve per una transizione sostenibile necessaria e auspicata”.

Credits: © Courtesy of Ufficio stampa ALTIS Advisory

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